LA NASCITA DEL COMUNE
Si sviluppano frattanto a Treviso i primi germi di vita
associativa che sfoceranno più tardi nella formazione del
Comune. Ne sono protagonisti di primo piano i vassalli
minori, proprietari di case e terreni, venuti in città per
meglio seguire lo sviluppo della vita economica e
commerciale e dai quali si scelgono i "boni homines" (o
probi viri), che vengono invitati sempre più spesso, in
rappresentanza della cittadinanza, a pronunciarsi nelle
vendite, nelle permute, nelle investiture ecc. pur
conservandosi le "giurisdizioni primitive" che restano
appannaggio dell' Imperatore, del Marchese, del Conte, del
Vescovo.
Si trattava comunque di una lenta evoluzione della società
che, seppur di estrazioni diverse (romana, longobarda,
salica, alemanna), cercava, attraverso i suoi migliori
uomini, di prendere in mano le redini della vita pubblica.
Di ciò do vette rendersi conto anche Federico Barbarossa,
il quale nel 1164 decise di concedere alla città una serie di
privilegi, esenzioni e franchige che in definitiva erano un
esplicito riconoscimento della realtà comunale (il diritto
di fortificare la città, la libertà di costruire case con
portici, l'esenzione di tasse e balzelli sui mulini ecc.).
Nonostante questi riconoscimenti da parte di Federico
Barbarossa, la città, poco tempo dopo, insorse scacciando i
Vicari imperiali ed il 1 dicembre 1167 partecipò al raduno
di Pontida, sostenendo poi tutte le battaglie intraprese
dalla Lega contro l'Imperatore, fino al trattato di Costanza
del 25 giugno 1183. Anche Treviso poteva così diventare
indipendente issando sui pubblici palazzi il suo stendardo
con la croce d'argento in campo rosso affiancata da due
stelle ad otto punte, insegna che aveva da tempo sostituito
quella delle tre torri nere in campo bianco.
Si era praticamente arrivati all'organizzazione comunale,
che in città venne ufficialmente codificata con i primi
decreti del 1162. In essi si prevedeva la nomina annuale di
sei consoli con poteri di far guerre e paci, stringere e
rom pere alleanze, amministrare la giustizia, elargire
investiture. I consoli erano eletti dal consiglio, una
specie di parlamentino con compiti legislativi e composto di
100 cittadini scelti da un pubblico arengo, che veniva
convocato dal Podestà (i Podestà compaiono per la prima
volta a Treviso nel 1176) al suono della campana grossa (la
Marangona), che funziona ancora in cima alla torre di piazza
dei Signori. Naturalmente c'erano poi per amministrare il
Comune tutta una serie di enti di controllo, funzionari,
giudici, notari, scrivani, armigeri ecc. con compiti e
stipendi ben precisi. C'era anche la "milizia" che in tempo
di pace era composta da 50 soldati a cavallo al comando di
un capitano e in tempo di guerra da tutti coloro che erano
adatti a portare le armi dai 16 ai 60 anni.
Negli statuti venivano indicate con rara pignoleria anche le
punizioni a coloro che non stavano alle regole del gioco;
erano particolarmente severe e andavano dalla tortura alla
decapitazione, alla mutilazione di mani, piedi, orecchi, e
anche all'asportazione degli occhi, quando non giungevano al
rogo previsto per i delitti più gravi.
Racconta il Marchesan nella sua "Treviso medioevale" che
questi trattamenti venivano di solito eseguiti ad almeno tre
miglia di distanza dalle porte della città, quando non erano
consumati all'interno delle mura per servire da esempio. Il tutto veniva pagato regolarmente ai
vari carnefici di turno e ai "notai del maleficio" che,
insieme ai carrettieri e al sacerdote, dovevano recarsi nei
luoghi dei supplizi. Per le amputazioni (pena fondata sulla
legge del taglione) nel luogo dell'esecuzione presenziava
sempre un ciro lago (chirurgo), il quale aveva l'incombenza di fasciare le parti straziate. Ai falsi testimoni venivano
recisi il naso e il labbro superiore, talvolta si arrivava a
tagliare la lingua o a levare un occhio.
Non si creda che queste punizioni corporali fossero
esclusivo appannaggio di Treviso. Nel Medioevo erano
diventate di uso generale e la stessa Repubblica di Venezia non scherzava con birbanti e traditori, insegnando con
il suo esempio inflessibile come ci si doveva comportare nei
territori da essa occupati, convinta come era che in certi
casi la paura più che la convinzione induceva a rigar
dritto.
Le pene più gravi erano comminate ai disertori e ai traditori;
costoro, se capitavano nelle mani dei giustizieri, finivano appesi con ganci di ferro sulle strade, talvolta dopo
essere stati squartati. Fra i vari avvenimenti di rilievo
accaduti tra il 1200 e il 1230 da ricordare la pace con il
Patriarca di Venezia, la costruzione della "domus lapidea
comunis" (1207), il castello d'Amore (1214) che sfociò nella
guerra tra Padovani e Veneziani coinvolgendo anche i Trevigiani, l'arrivo a Treviso dei frati Domenicani (S.
Nicolò 1221) e Francescani (1226), il completamento delle
mura medioevali.
Treviso visse un periodo storico particolarmente movimentato
e drammatico durante le lotte tra guelfi e ghibellini e il
dominio dei vari signorotti che se la contendevano con
battaglie sanguinose fra congiure, rivalità e tradimenti.
LE SIGNORIE
La prima Signoria incominciò il 14 maggio del 1239, quando
Alberico da Romano, tradendo la fiducia del fratello
Ezzelino, che lo aveva lasciato al suo posto a governare
Treviso, occupò la città spalleggiato da Guecello e Biaquino
da Camino, scacciando i ghibellini e il delegato imperiale,
che Federico II aveva nominato due anni prima, quando era
entrato con le sue truppe in città preceduto appunto dai due
fratelli Da Romano.
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